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Archive for the ‘Scienza’ Category

In questi giorni è avvenuto l’ennesimo incidente ad una piattaforma petrolifera, la Deepwater Horizon, nel Golfo del Messico. Si è scoperto che tale disastro comporta il rilascio di ben cinquemila barili di petrolio in mare al giorno e non mille, come aveva precedentemente annuniciato la compagnia ango-olandese British Petroleum. Quest ultima ha fatto sapere che si assumerà la responsabilità del contenimento e delle pulizia dell’area  in cui si è verificato l’incidente, che comporterà una spesa di circa sei milioni di dollari al giorno, oltre a quella legale e di risarcimento e alle multe per aver occultato con false comunicazioni la reale portata della catastrofe e i costi di messa in sicurezza delle piattaforme del gruppo. La situazione è davvero critica: la marea nera ormai si trova a 25 km dal delta del Mississippi e potrebbe provocare molti danni alla fragile economia della Louisiana e degli altri stati del Sud.

Leandro Mazzarella

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“Se le api scomparissero, all’uomo resterebbero 4 anni di vita”. Certo, una frase che ha dell’apocalittico, ma che tutto sommato, ha delle solidi basi scientifiche. Tale affermazione fu enunciata dal celeberrimo scienziato Albert Einstein; e non è difficile immaginare il perché: si calcola infatti  che un terzo dei raccolti sia direttamente legato all’azione impollinatrice delle api;  non è in ballo soltanto la produzione del miele: ogni alveare garantisce l’impollinazione su quasi 3.000 ettari.

Oltre a moltissime specie vegetali spontanee, un gran numero di colture dipende largamente o esclusivamente dalle api per l’impollinazione: albicocco, mandorlo, ciliegio, fragola, pesco, pero, prugna, zucchina, melone, anguria, kiwi, girasole, colza; significa che, senza le api, tutti questi raccolti sarebbero scarsi o nulli.

Ma qual è il motivo per cui le api stanno scomparendo? Partendo dal fatto che è stata stimata la scomparsa del 40% delle api del nord Europa, gli scienziati hanno avanzato diverse ipotesi:

 – la più accreditata, quella relativa all’inquinamento: difatti queste creature sono molto sensibili sia ai cambiamenti del loro territorio sia a sostanze a loro nocive, come i pesanti pesticidi utilizzati sulle piante, ai quali anche i contadini attribuiscono tutta la colpa;

-quella relativa ai cellulari, ai telefoni satellitari ed ogni altro oggetto di questo genere, i quali sembrerebbero interferire col loro sistema nervoso, confondendole, e facendole perdere la strada di ritorno all’alveare, condannandole così alla morte in un paio di giorni;

-per varroa, ovvero per gli attacchi di un acaro parassita, che sì potrebbe esistere da sempre, ma che comunque inizierebbe a far danno solo da alcuni anni.

 

Notizie allarmanti a proposito di morìe di api vengono un po’ da tutto il mondo. Negli Stati Uniti il fenomeno è particolarmente evidente e ha caratteristiche molto peculiari, al momento inspiegabili. Per definirlo, gli studiosi hanno coniato addirittura un nuovo nome: “CCD” (“Colony collapse disorder”).

 

Comunque sia, il fatto che queste straordinarie creature sono alla base del ciclo di vita dei vegetali, dovrebbe essere una ragione sufficente affinché l’uomo le rispetti.

Le api sono gli esseri più laboriosi, il tipico esempio di chi “non sa starsene con le mani, pardon, le zampette in mano”
Leandro Mazzarella

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Tra cinque milioni di anni lo scenario sul nostro pianeta sarà sicuramente molto diverso,  in particolare cambiamenti ambientali importanti favoriranno la comparsa di nuove specie: ecco alcune supposizioni su quelle che potrebbero comparire in un futuro tanto lontano.

Nella grande distesa salata  che sostituirà il mar Mediterraneo si adatteranno meglio le lucertole: esse infatti non richiederanno grandi quantità d’acqua e si ciberanno principalmente di insetti.

Un animale che resterà molto comune sarà il cinghiale, o almeno i suoi discendenti: nella zona suddetta  esso svilupperà delle particolari caratteristiche fisiche per adattarsi meglio: le zampe, divenute molto più lunghe, saranno provviste di zoccoli e il muso sarà allungato e affusolato  (allo  scopo di cercare il cibo nei crepacci).

Anche in America avverranno radicali cambiamenti  nel continente meridionale, dove le savane sostituiranno a poco a poco l’immensa foresta pluviale, alcune scimmie saranno costrette a lasciare quest ultima e a vivere in ampli spazi senza l’ombra di un albero; gli scienziati li chiamano “babbuleoni” a causa della loro folta criniera.

In questo habitat vi saranno però anche altri animali: il “il sonaglino”, discendente dei roditori, cosi chiamato per il rumore  delle scaglie di pelo duro sul suo dorso, sviluppate per proteggersi dai predatori.

A proposito di carnivori, si pensa che il più pericoloso sarà lo “struzzo assassino”, un uccello che “prenderà in prestito” dei caratteri somatici appartenuti ai suoi più diretti discendenti: i dinosauri. Ciò non vuol dire che diventerà un rettile; tuttavia aumenterà le sue dimensioni e al posto delle ali avrà terribile zampe artigliate, proprio come i teropodi di oltre 65 milioni di anni fa.

L’attuale zona degli USA sarà un enorme deserto e oltre ai sonaglini, si stabiliranno anche altre specie; una di queste, quella dei “sabbini”, discendenti delle quaglie,  che si ridimensioneranno radicalmente e, stranamente, condurranno una complessa vita sociale sottoterra.

Qui, il principale pericolo saranno i “mangiamorte”, enormi pipistrelli di 2 metri di apertura alare.

Nel mare scompariranno i mammiferi  e il loro posto sarà preso dagli uccelli marini, che riprenderanno il loro stile di vita.

Infine, nelle zone colpite dalla glaciazione, la fauna compirà un portentoso cambiamento: basti pensare alle marmotte che diventeranno 15 volte più grandi e pesanti (per proteggersi dal freddo) e al ghiottone che raggiungerà le dimensioni di un panda per poterle cacciare.

Tuttavia bisogna tener conto che tutto ciò è solo una supposizione elaborata da degli scienziati in base ai dati in loro possesso; ma non è assolutamente da escludere che il futuro possa essere totalmente diverso.

Leandro Mazzarella

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